Dietro un hashtag spesso ci sono storie, promozioni, selfie, innumerevoli e a volte goffi tentativi di prendere anche solo per pochi istanti il treno della notorietà.
Ma a volte anche tragedie.
Negli ultimi mesi quel cancelletto seguito dalle lettere M e H, purtroppo, ci siamo abituati a vederlo troppo spesso. Complice le due tragedie che nel giro di pochi mesi hanno travolto la Malaysia Airlines.
L’hashtag #MH17, questa volta, ha fatto da aggregatore dei tragici eventi che hanno coinvolto lo scorso 17 luglio il volo partito da Amsterdam e diretto a Kuala Lumpur, abbattuto da un missile mentre sorvolava l’Ucraina nella regione di Donetsk.
Anche in un terribile evento come questo, abbiamo avuto la dimostrazione del profondo legame tra la nostra quotidianità e i social media.”L’uomo è ciò che posta” potremmo dire, se volessimo azzardare, parafrasandola, una citazione di Feuerbach.”
I social fanno costantemente parte delle nostre vite. Hanno azzerato le distanze tra noi e quello che succede dall’altra parte del mondo, anche a più di 10.000 metri di altezza. Ci consentono di avere accesso a una dimensione che spesso era relegata alla nostra mente o alla nostra immaginazione. Leggiamo, vediamo, ascoltiamo gli attimi che immediatamente precedeno un evento, per quanto tragico possa essere, e improvvisamente ci troviamo catapultati in un’orgia di voyeurismo ed empatia.
Ma social media vuol dire anche il primo luogo che le aziende, soprattutto quando sono coinvolte in eventi simili, utilizzano per comunicare con i propri utenti e per tenerli aggiornati sugli accadimenti in atto. Non è un caso che “Another Malaysian” sia diventato trend topic mondiale al 4° posto su Twitter alle 17:51 (Italian time) del 17 luglio.
La compagnia aerea Malaysia Airlines, in balia ancora dell’onda emotiva della precedente sciagura accaduta a Marzo, ha saputo comunicare seguendo procedure da manuale:”empatia, chiarezza su cosa si sta facendo e si farà; trasparenza, “people first” con un pensiero alle persone, alle vittime e ai parenti coinvolti.”
Quando accadono fatti del genere, sopratutto in un periodo estivo di vacanza, l’immedesimazione da parte delle persone è molto forte e i media tendono per questo motivo a dare forte risalto alla vicenda. Nei primissimi attimi dopo la tragedia sono stati i contenuti generati dagli utenti a essere la prima fonte di notizie. Ripresi anche e sopratutto dalle più autorevoli testate giornalistiche.
La compagnia aerea ha deciso fin da subito di utilizzare i social media e in particolare twitter per comunicare e lo ha fatto in maniera proattiva rispondendo agli utenti che chiedevano maggiori dettagli e non risparmiando chiarimenti a chi ha colto l’occasione per muovere sterili critiche.
C’è, infatti, chi critica su Facebook il fatto che la compagnia avesse sbagliato nello scegliere di percorrere una rotta che attraversava delle zone di guerra, a cui la compagnia risponde che quelle stesse rotte sono state autorizzate dall’agenzia Onu per i voli commerciali (Icao).
C’è che esprime solidarietà sia per le vittime sia per l’azienda.
C’è, purtroppo, anche chi è capace di mettere in atto forme di sciacallaggio mediatico: a poche ore dalla tragedia, infatti, sono stati creati falsi profili facebook delle vittime, in cui venivano postati link a presunti video che avrebbero mostrato la seguenza dell’abbattimento dell’aereo. Squallido escamotage per portare traffico e click al proprio sito web.
Accanto a chi dimostra virtuosismo nella comunicazione social soprattutto in una situazione così delicata e tragica, c’è anche chi compie strafalcioni mediatici. E’ il caso di Singapore Airlines che subito poco dopo la tragedia posta questo aggiornamento su Facebook.
Di cattivo gusto perchè arriva prima di un messaggio di condoglianze e vicinanza alle vittime e, in secondo luogo, perchè non è veritiero dal momento che prima dell’accaduto la compagnia ha percorso quella stessa rotta per ben 75 volte.
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