Privacy, pubblicità e tasse. Alla scoperta di Facebook Italia

A Milano a due passi dal Duomo sorge la sede di Facebook Italia. Con i suoi 23 milioni di iscritti e un tasso di penetrazione del 38% l’Italia rappresenta per l’azienda di Mark Zuckerberg l’undicesimo mercato al mondo.

Luca Colombo, dopo esperienze in Microsoft e in Mondadori Informatica, dal 2010 è al comando della sede operativa italiana del social network più utilizzato al mondo.

“Ho studiato ingegneria elettronica, quindi la mia formazione non è improntata sul marketing e la comunicazione”, racconta.  “Ma questo è un settore relativamente nuovo, quindi va dà sé che le doti più importante siano la passione e l’apertura mentale”.

Al suo fianco ci sono undici dipendenti.

In questi giorni il colosso di Mark Zuckerberg ha messo online nuove opzioni che riguardano uno dei temi più scottanti del social network: la privacy. Questi nuovi strumenti, secondo quanto affermato dallo stesso Luca Colombo, aiuteranno “…gli iscritti nella gestione del flusso di informazioni che mettono sulle loro bacheche, senza mettere a repentaglio la loro privacy”.

In sintesi: collegamenti rapidi alla privacy, un modo più semplice di usare il registro delle attività e un nuovo strumento dedicato alle richieste e alle rimozioni per gestire contemporaneamente le fotografie in cui si viene taggati.

Come affermato in una nota ufficiale di Facebook, gli obbiettivi di questo upgrade sono essenzialmente: aggiungere controlli utilizzabili nel momento in cui si condivide qualcosa, per aiutare gli utenti a comprendere ciò che viene mostrato agli altri e fornirgli strumenti per aiutarli ad agire sui contenuti che non piacciono.

Non è però soltanto la tematica privacy a fare discutere in questi giorni, ma anche un giro d’affari da miliardi di dollari in tutto il mondo, legato alla pubblicità.

L’80% delle aziende è ora presente sul social e oltre un milione di siti web in tutto il mondo sono integrati con Facebook. Nel 2011 ammontavano infatti al 24% le persone che si dicevano influenzate dal sito in merito alle loro abitudini di acquisto: una cifra schizzata quest’anno al 47%.

“Qui a Milano gestiamo i rapporti commerciali e ci occupiamo dell’advertising”, spiega Colombo.

E’ da qui infatti che parte la raccolta pubblicitaria sulle pagine del social network.

In un momento difficile del mercato e in un periodo di congiuntura economica, le inserzioni pubblicitarie di Fb Italia nel 2012 sono andate bene. “Si punta molto sul fashion e sul luxury, affiancando i clienti nella gestione delle comunicazione sul social network. Anche perché interagire con i consumatori attraverso questo mezzo richiede delle strategie diverse a seconda del prodotto che si promuove”.

A rivolgersi a Facebook sono anche i politici italiani. “Dopo l’ultima campagna elettorale americana l’interesse da parte dei partiti nel nostro paese è salito. C’è chi si è rivolto a noi per le inserzioni a pagamento, c’è chi si gestisce il profilo in autonomia. Ma indubbiamente è stata compresa l’importanza del mezzo. Dalle aziende così come dai politici”.

Nonostante la crisi, quindi, i colossi del web continuano a registrare fatturati da capogiro. Di fronte a verifiche fiscali, però, spuntano regolarmente problemi.

Google, Amazon, Apple e le altre multinazionali del web, infatti, hanno strutture societarie con sedi sparse all’estero in paesi come l’Irlanda o il Delaware famosi per applicare legislazioni fiscali morbide. In questo modo possono pagare poche tasse nonostante i fatturati con cifre imponenti.

Pagano al fisco somme ridicolmente basse in rapporto ai loro guadagni, sfruttando leggi che consentono loro di far girare i capitali da un paradiso fiscale all’altro a dispetto del fatto che le loro operazioni avvengono altrove. Nei giorni scorsi, ad esempio, vari giornali hanno rivelato che Google trasferisce 10 miliardi di dollari di guadagni all’isole di Bermuda, il che gli ha consentito di risparmiarsi 2 miliardi di dollari di tasse nel solo 2011.

Discorso analogo anche per Facebook Italy, dove la Gaurdia di finanza ha fatto visita la settimana scorsa.

In due anni e mezzo, dalla sua costituzione il 21 luglio del 2009 alla fine del 2011, Facebook Italy Srl avrebbe realizzato utili solo per circa 88 mila euro e, quel che più interessa al fisco italiano, pagato imposte per circa 156 mila euro. Numeri che da soli non sembrano giustificare la struttura. Una situazione che solleva molti dubbi e interrogativi.

Luca Colombo risponde attenendosi strettamente alle dichiarazioni già rilasciate: «Facebook paga le tasse in Italia come parte della sua attività nel Paese e rispetta molto seriamente i propri obblighi ai sensi della legislazione italiana in materia fiscale».

Di seguito potete vedere l’intervista a Luca Colombo realizzata da Marta Serafini del Corriere della Sera

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